Soccer revolution
London, Phoenix Sports Books, 1955
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Arguably the most prescient football book ever written. Meisl (the brother of Austrian Wunderteam coach, Hugo) charts the history of English football and studies the mistakes that led England to their 1953 humbling at the hands of Hungary. The changes advocated by Meisl, who saw himself as an adopted Englishman, were the same that now meet England’s biennial tournament disasters. Meisl is strongly in favour of improving the technical ability of English players and promotes the concept of the “whirl”, effectively “total football”, as the route to success. The fact that such flaws have gone uncorrected for almost 60 years only serves to underline the enduring resonance of this masterpiece (Ademir to Zizinho).
Il libro che nel 1955 di fatto pone le basi teoriche di quello che quindici anni più tardi sarà il calcio totale. Lo spunto viene dalla doppia, traumatica sconfitta incassata dalla nazionale inglese per mano dell’Ungheria di Puskas nel giro di sei mesi: prima il 3-6 di Wembley – tuttora la peggior disfatta interna dell’Inghilterra, che aveva avuto un fortissimo impatto sull'opinione pubblica – e poi l’1-7 di Budapest. Disfatte che, prima ancora che all'Ungheria, erano da attribuire all'atteggiamento degli inglesi stessi, ben riassunto dal sottotitolo del libro: “La Gran Bretagna ha insegnato al mondo a giocare e ad amare il calcio, per poi ricevere una dura lezione dai suoi vecchi allievi”. Meisl individua la causa della decadenza nella mancanza di immaginazione, caratteristica connaturata all'Inghilterra: «Willy, per l’amor del cielo, non essere mai brillante!», si era raccomandato in tono grave il cognato, al momento della sua partenza per Londra.
Le squadre inglesi avevano continuato a privilegiare l’aspetto fisico su quello tecnico-tattico, finché il disastro di Wembley non aveva mostrato che «il cervello vince sui muscoli». Anche il Mondiale del 1954 era la prova di come il successo passasse, oltre che per i dribbling, anche attraverso la capacità di passarsi la palla con un solo tocco: appena un giocatore completa un passaggio, subito scatta in una nuova posizione, in attesa di un’ulteriore giocata. È proprio questa attenzione alla giocata ulteriore – il “terzo uomo” per dirla con Cruijff – che fa la differenza rispetto al kick and rush degli integralisti inglesi. «Dobbiamo liberare la nostra gioventù calcistica dall'obbligo di giocare su ordinazione – scrive Meisl – lungo binari prestabiliti. Dobbiamo dare loro idee e incoraggiarli a sviluppare le proprie». Sembra “L’attimo fuggente”, invece è “Soccer revolution”, che poi elenca chiaramente i fondamenti del calcio brilliant che in quegli anni nessuno esprimeva meglio dell’Ungheria: eccellente controllo di palla individuale, gioco posizionale intelligente in fase di non possesso, passaggi precisi grazie a un perfetto dominio del pallone, coesione e comprensione reciproca, potenza nel tiro e rapidità – concetto ben diverso, questo, dalla velocità a tutti i costi degli inglesi.
Era il 1955. Ci sarebbero voluti quindici anni e diversi passaggi intermedi, di cui molti in lingua inglese, affinché tutto questo diventasse il manifesto programmatico di una squadra e forse di un’intera generazione. Ma è stato un giornalista a dirlo prima di tutti gli altri – con buona pace di Cruijff.